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- 20 Feb 2025
- 12 giorni
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- Italiano
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A livello di capacità di spesa, se la popolazione over 50 costituisse una nazione a sé, rappresenterebbe già oggi la terza economia a livello globale
Nel 2050, nel mondo ci saranno più di 2 miliardi di persone oltre i 60 anni di età. Come evidenzia il report IPSOS Mori Perennials. The Future of Ageing, a livello globale gli ultrasessantenni passeranno dal rappresentare il 13 per cento della popolazione (dato 2017) al 21 per cento (dato 2050) – un incremento che sarà ancora più marcato in Paesi sviluppati come la Germania (dal 28 per cento del 2017 al 38 per cento del 2050), il Giappone (dal 33 al 42 per cento) e l’Italia (dal 30 al 40 per cento).
A questa tendenza di lungo periodo all’invecchiamento demografico non corrisponde però un superamento dei pregiudizi sull’età matura: l’ageism (termine coniato nel 1969 dal gerontologo Robert Butler per descrivere la discriminazione nei confronti delle persone anziane) appare ancora diffuso, anche come conseguenza di una rappresentazione distorta e negativa della vecchiaia. La tendenza a marginalizzare la popolazione anziana è evidente nella cultura di massa: da un’analisi condotta su 2000 film è risultato che appena il 5 per cento delle battute veniva assegnato ad attori maschi, e solo il 3 per cento ad attrici donne, di oltre 65 anni.
Queste due tendenze in apparente contrasto tra loro – una rilevanza effettiva sempre maggiore della popolazione matura e un’attenzione limitata e distorta nei suoi confronti – sembrano caratterizzare anche il mondo del business, lasciando intravedere una serie di opportunità ancora in parte inesplorate.
Nel 2015, nel Regno Unito per la prima volta i consumatori con più di 50 anni hanno speso più di tutto il resto della popolazione, guadagnandosi così il titolo di power consumers. Sia in Francia, sia negli Stati Uniti, sia in Italia, gli individui di età compresa tra i 65 e i 74 anni hanno fatto registrare negli ultimi anni una crescita a due cifre del proprio reddito disponibile, a fronte di una sensibile diminuzione per la fascia di età 25-29. È il mercato dei Perennials, destinato a crescere ulteriormente di importanza nei prossimi decenni.
Ciononostante, nel mondo della pubblicità le persone mature trovano uno spazio ancora decisamente ridotto – e quando sono presenti, vengono non di rado rappresentate in modo comico e stereotipato, evidenziandone le mancanze da un punto di vista fisico, cognitivo e sessuale. Secondo un recente studio di Campaign Magazine, oltre l’80 per cento di chi lavora nel settore riconosce che il mondo della pubblicità ha un problema di ageism.
Non può quindi sorprendere che oltre quattro persone su cinque (82 per cento) di età superiore ai 55 anni affermino che i propri brand commerciali di riferimento non capiscono più i loro bisogni. Oltre la metà vorrebbe punti vendita più amichevoli e in cui non ci sia una pressione all’acquisto (55 per cento), aperti a persone di tutte le età e «taglie» (54 per cento), in cui sia piacevole trascorrere del tempo (50 per cento).
Per le aziende, per poter mettere pienamente a frutto il potenziale del mercato dei Perennials diventa sempre più importante incorporarne i bisogni e punti di vista nella propria offerta. Bisogna andare oltre gli stereotipi sulla vecchiaia, evitando rappresentazioni stigmatizzanti e lavorando sulla percezione che le persone anziane hanno di sé. Spesso a essere ripensato non deve essere solo il marketing, ma anche il design di prodotto: l’inserimento di elementi volti a garantire la facilità d’uso e l’autosufficienza (consegna a domicilio, istruzioni chiare, packaging facilmente maneggiabile) potrebbe di fatto risultare migliorativo non solo per i Perennials, ma per tutti i consumatori.
Perennials: un mercato dalle uova d’argento